domenica 13 gennaio 2013

 COMUNICATO DEGLI OCCUPANTI DEL MACERIA DOPO LO SGOMBERO

Martedì 8 Gennaio, alle 7 di mattina, un ingente schieramento da guerra, forte di diverse pattuglie di
Municipale, Carabinieri e Polizia (sotto l'egida del neo-questore Salvatore Sanna, quello che nel 2005 sgomberò su una ruspa il presidio di Venaus in Valsusa), ambedue questi ultimi supportati da reparti celere fatti arrivare apposta da Bologna, e coadiuvati dai soliti Vigili del Fuoco, si è presentato in Via Maceri 22 con il proposito, alfine riuscito, di sgomberare un edificio di tre piani di proprietà comunale, chiuso e vuoto da sei anni, che era stato ridenominato MaceriA occupato dai volenterosi che lo avevano liberato dalla muffa del tempo il 23 Novembre scorso. Via Maceri e la parallela Via Nullo sono state completamente militarizzate e bloccate al transito per effettuare lo sgombero, sequestrando in questo modo contemporaneamente anche i residenti, impossibilitati ad uscire liberamente dalla propria casa o recarsi al lavoro. I Vigili del Fuoco, come ormai ci hanno abituato in questi anni, facendo il lavoro sporco per conto della Questura e del Comune di Forlì sono riusciti a forzare con l'ausilio di una sega circolare e piedi di porco le porte rinforzate dagli occupanti, dando avvio all'incursione degli sbirri. Da quanto si legge sui giornalacci locali, che riportano il parere del dirigente della Digos, Maurizio Maccora, coordinatore dello sgombero, il fatto che il portone d'ingresso fosse stato rinforzato mostrerebbe chiaramente che si era preparati allo sgombero. Questo fatto ci sembra addirittura banale, visto che c'era un'ordinanza di sgombero, firmata dal sindaco di Forlì, Roberto Balzani, risalente al 1 Dicembre. Non ci stupiamo che ci si stupisca all'idea del nostro essere pronti a ricevere i signori che puntualmente si sono presentati l'8 Gennaio per sgomberare il MaceriA occupato. Abituata com'è a sonnecchiare immersa nella propria passività, la maggioranza silenziosa non crede possibile che esistano persone che provano a resistere coi mezzi di cui dispongono alla sottrazione dei propri desideri. Eccome se li aspettavamo! Una volta entrati, dopo la ventina di minuti necessari per segare il portone, gli sgherri in divisa sono saliti per le scale, tagliando lucchetti e catene di ulteriori porte, e superando diverse barricate, fin dentro le stanze in cui si trovava in quel momento una decina di occupanti. Anche se non è stato uno sgombero di quelli più duri, per la posizione in pieno centro dell'edificio, al contrario di come avrebbe dovuto essere quello del Borghetto occupato a Forlì nel Maggio 2011 (purtroppo per i picchiatori in divisa, quella volta non trovarono nessuno), non si può dire comunque che sia stato un intervento soft. Difatti, alcuni occupanti sono stati trascinati di peso per svariati metri, un altro afferrato per il collo, un altro ancora minacciato di rappresaglie future. Una ventina di digossini e celerini sono intervenuti anche sul tetto, arrampicandosi l'uno sull'altro da un cortiletto interno dello stabile, dove erano saliti due degli occupanti. Gli sbirri, pur di portare a termine il prima possibile l'operazione, hanno continuato a dirigersi verso i due spingendoli in un angolo, senza prima mettere in sicurezza un bel nulla (non c'erano nemmeno i cuscini gonfiabili di cui qualcuno ha parlato), rischiando che qualcuno si facesse male sul serio. Nel mentre tutto questo accadeva, sono accorsi sul posto una 50ina di solidali, con striscioni e megafono, rimasti davanti ai blocchi della celere per ore, e la cui presenza ha permesso agli occupanti, una volta fatti uscire (dopo circa un'ora dall'intervento), almeno di portare fuori la loro roba e trasportarla altrove con mezzi propri, operazione che si è conclusa verso le ore 13:00. Gli operai del Comune (che si sono anche distinti nel rubare alcuni degli atrezzi degli occupanti - una sega, un martello ed uno scalpello - prontamente recuperati) hanno fatto il resto, murando le porte di accesso dello stabile che davano sulle due vie (anche di quella parte in cui gli occupanti non erano entrati, e in cui sono state oltretutto anche saldate le saracinesche in ferro delle finestre al piano terra), mentre celere e pattuglie locali hanno presidiato la zona fino a tarda serata. Nei giorni successivi sono stati distribuiti ed attacchinati volantini nel quartiere da un nutrito gruppo di ex occupanti e solidali, che hanno chiarito ai residenti le modalità dello sgombero, lanciato nuovi appuntamenti e ribadita l'intenzione di non abbassare la testa, né dopo lo sgombero, né dopo le sicure denunce che arriveranno (i giornali, riprendendo fonti questurine, riferiscono di una decina di denunce, per ora). Il MaceriA occupato era nato come una TAZ (occupazione temporanea) di tre giorni, ha invece resistito per un mese e mezzo. Abbiamo deciso di occupare uno spazio che il Comune aveva lasciato chiuso per anni, in stato di abbandono e con mire speculative che agiscono nascostamente (un progetto privato della Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì mira a demolire tutto e a costruire al suo posto un parcheggio sotterraneo e negozi commerciali, il tutto con fondi della Cassa Depositi e Prestiti che gestisce i risparmi postali, quindi pubblici), come forma di riapproriazione diretta di molteplici necessità. La decisione di continuare l'occupazione anche dopo i tre giorni che si erano pensati è avvenuta collettivamente dopo aver visto crescere il sostegno attorno a questa esperienza, da parte di tanti individui ed anche del quartiere stesso. Infatti, sin dal primo momento, molti residenti di questo che è un quartiere di case popolari ci ha espresso simpatia ed apprezzamento, sia a parole ma anche con gesti quotidiani come l'offrirci vino fatto in casa, cibarie ed anche una cesta natalizia per le festività. Noi abbiamo contraccambiato i favori, rendendo disponibile per il quartiere frutta e verdura recuperata al mercato, che mettevamo ovviamente gratuitamente in una cassetta sopra un tavolo di fronte alla porta e aprendo la stessa a quanti volevano conoscerci e conoscere lo spazio. I giornali locali, all'indomani dello sgombero, hanno scritto che lo stabile era stato liberato, ma se vi è stata liberazione, concettuale e pratica, è stata quando gli occupanti vi sono entrati quel 23 di Novembre; liberazione è quella mostrata e praticata dagli individui che hanno vissuto la libertà della riappropriazione in modo totale e diretta, senza compromessi, assieme. Una liberazione che prima di tutto significa liberazione di noi stessi, delle nostre paure. Liberazione dalle costrizioni che relegano i nostri desideri a sogni irrealizzati e irrealizzabili. Ed è per questo che l'offerta del Sindaco di Forlì di, forse, concederci due stanzette se ci fossimo costituiti formalmente in un'associazione legalmente riconosciuta partecipando poi ad un bando di assegnazione, è stata rifiutata. Non perchè queste due stanzette fossero vicine alla questura, ma perchè l'incasellare la nostra azione in una volgare forma di acquiescenza legale ci dà il voltastomaco. Un associazione legale prevede responsabili, presidenti, cariche sociali, quote d'iscrizione, tessere e così via. Più l'immancabile censura e leggi e leggine alle quali inchinarsi. Noi non vogliamo capi, non riconosciamo responsabili se non la responsabilità di ognuno di noi, rifiutiamo l'idea stessa di tessere e carte d'identità per entrare in un qualsiasi spazio. A Forlì già in passato qualcuno commise l'errore di farsi sedurre dalle promesse istituzionali, quando nel 2002 venne occupato il Maudit:dopo essersi costituito in associazione un gruppo di quegli occupanti accettò le condizioni dettate dal Comune e diede vita alla Fabbrica delle Candele, oggi nulla di più che un locale come gli altri, forse appena più alternativo:un divertimentificio pseudo-culturale fine a se stesso che si va ad affiancare a quello prodotto dai tanti pub, circoli e discoteche della romagna. Noi vogliamo di più! Un altro fattore determinante per noi è la questione abitativa. Sin dall'inizio, infatti, abbiamo voluto non separare questa dalle altre necessità alla base del continuare l'occupazione. In una città, ed in una società, in cui gli sfratti sono sempre di più, la questione abitativa diviene materia di ordine pubblico (le tante ordinanze anti-degrado ne sono una testimonianza) e chi non ha i soldi per affittare un pur piccolo appartamento viene scaricato alla Caritas (salvo poi dover pagare 150 euro allo scadere del 15esimo giorno e dover esibire un contratto di lavoro), la riappropriazione degli spazi non è un capriccio, ma è vitale. Di fatto, dopo l'avvenuto sgombero del MaceriA, diverse persone si ritrovano nuovamente senza un tetto sulla testa, a Gennaio, in pieno inverno. Statene pur certi, ci ricorderemo per sempre dei responsabili (gli stessi che hanno concorso alla morte di Franco due anni fa, sfrattato e morto di freddo mentre dormiva in un parcheggio in città). Le persone che hanno attraversato il MaceriA, giovani e meno giovani, tutti accomunati da una gioventù di spirito e di energia, hanno sentito e provato sulla propria pelle la condivisione e la conoscenza reciproca, senza nessun ruolo imposto ma con la volontà di sperimentare con gioia un percorso di liberazione personale ed in comune, libero da logiche di partito, di autorità, di mercato, o di spettacolo fine a se stesso. Un percorso di liberazione che ha riempito i cuori e che certo non terminerà con lo sgombero che riconsegna alla polvere e all'anonimato quel palazzo di tre piani, vissuto con un'intensità tale che nessuno ci potrà mai togliere. In un mese e mezzo sono tante, troppe da elencare, assieme alle persone, le iniziative che queste hanno condiviso assieme (assemblee, discussioni, dibattiti, pulizie, letture, cineforum, mostre, pitture, corsi, cene e pranzi vegan, recupero cibo, partite a scacchi, a carte, feste, baci, bevute di buon vino...). Iniziative e vita vissuta. Perchè non esiste separazione tra le due cose. La prospettiva è ora di continuare nelle strade, come abbiamo sempre fatto, per riprenderci ciò che lo Stato, i suoi sgherri e le leggi ad esclusivo interesse dei ricchi benestanti ogni giorno provano a sottrarci, fino a che non ci verrà voglia di riappropriarci ancora di un altro spazio fisico. Perchè le idee non si sgomberano. Tutto continua.

 GLI OCCUPANTI DEL MACERIA

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